Abitavamo a duecento metri da Viale Gramsci,
percorso tradizionale del carnevale e da casa
si sentivano le musiche,le canzoni, i rumori tipici
della festa che coinvolgeva tutti i fanesi e non solo.
Le strade del quartiere erano prese d'assalto dalle
auto e dalle corriere che portavano gente dall'Umbria,
dalla Romagna, dai paesi vicini.
Noi ragazzini eravamo eccitati all'idea di andare
al "corso" non solo per vedere i giganteschi carri
con i pupi di cartapesta ma-e soprattutto-per prendere
e raccogliere spesso da terra, caramelle e confetti.
I genitori facevano fatica a frenare la nostra emozione
e gioia e tra un sorriso ed uno sguardo severo ci
mettevamo in cammino,a piedi,per arrivare al Viale.
Io restavo meravigliato e confuso,non solo dalla
confusione, dal chiasso, dalla folla ma da quello spettacolo
che rapiva la mia fantasia e la mia voglia di fare
senza sapere bene cosa,trattenuto dalle raccomandazioni di babbo e mamma che più o meno ci obbligavano a stare
sempre vicini vicini e,nel caso, anche tenerli per mano.
E si camminava lenti, spintonati, tirati, sbandati da coloro
che ci stavano dietro e che cercavano di farsi spazio.
Era poi terribile il momento del "getto" quando dai carri
piovevano sulla folla centinaia di caramelle e di confetti, spesso purtroppo anche di gesso ed anche cioccolate.
Noi ragazzini dovevamo però stare fermi per non farci calpestare dai grandi, ad afferrare i dolci al volo ci pensavano
genitori,zii, parenti.Noi, però,qualche volta con mano lesta
riuscivamo a raccogliere da terra le caramelle e metterle in tasca prima che si accorgessero babbo e mamma.E tenevamo quei "tesori" nelle piccole tasche come se fossero
oro e già pensavamo al momento in cui saremmo arrivati a casa ed avremmo potuto nasconderle in qualche scatola.
Eravamo felici e stanchi al ritorno, andavamo in camera
e tiravamo fuori dalle tasche le caramelle.
Confesso che spesso erano anche schiacciate dalle pestate, ridotte a poltiglia dentro una carta sporca e appiccicosa.
Ma le avevamo prese noi e questo era l'importante.
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