giovedì 15 febbraio 2018
I NONNI , I BISNONNI E...
Quando, di recente, ho letto un lungo e ponderoso racconto di un delizioso narratore sempre ricco di spunti e particolari spesso da noi mai colti nella giusta angolazione storica e letteraria, che proponeva una riflessione sulla presenza, esistenza dei nonni ed anche dei nonni dei nonni, mi è balzato improvvisamente alla memoria il fatto che anch'io, seppur sembri strano e quasi innaturale, ho avuto i genitori ed essi stessi i genitori e credo-secondo una discussa teoria americana di Gengis P. Texas Junior- a loro volta la mamma ed il babbo.
Ecco dunque riproporsi un tema a me caro:i nonni dei nonni sono nonni o sono bisnonni?
Quando, dopo gli studi ed anche i divertimenti legati a quegli anni giovanili e spumeggianti, ho iniziato a lavorare per una multinazionale del tessile con sede a Fila.delfia City, sono stato costretto ad affrontare i molteplici ed ingarbugliati orditi e trame della vita quotidiana in una grande città e spesso-lo ricordo bene-alla sera stanco ma nello stesso tempo orgoglioso dell'attività svolta riposavo finalmente nella mia camera di albergo al settantacinquesimo piano del W.Hastoria Hotel sulla quindicesima strada della Bellocchi street, spesso i miei pensieri tornavano a Fano, agli amici, ai familiari, ai miei nonni.
Cioè,non nonni al plurale perchè in verità ne ho conosciuto solo uno, ma nonno al singolare:il cav.Ugovittorio de Venanzio. Uomo di sani princìpi, dedito al suo lavoro di avvocato, sempre indaffarato ma pieno di attenzioni per me
nelle occasioni, in vero rare, che ci incontravamo e stavamo insieme nel suo studio.
Mi piaceva stare con lui, specialmente quando mi sganciava qualche monetina che io poi usavo per giocarci al bigliardino o acquistare due sigarette che allora si potevano avere"sciolte".
Mio nonno era nato ai tempi di Napoleone III e si era guadagnato sul campo anche due medaglie al valore per il suo coraggio nell'affrontare la suocera inviperita del maggiordomo dell'imperatore.
Dicevo:quando ero nel suo studio ed attendevo paziente che lui si accorgesse di me, io stavo seduto in una piccola poltrona stile Luigi XV dove riuscivo a malapena a toccare il pavimento con i piedi.A volte dovevo pazientare anche un'ora mentre mio nonno fumava in continuazione sigari toscani il cui fumo invadeva la stanza come la nebbia a novembre le amate sponde della mia Fano.
Finalmente,dopo l'attesa e avuta la monetina, uscivo dallo studio così affumicato e sospeso tra aromi di trinciato forte e tabacco nazionale che alcune volte dovevano passare alcune ore prima che gli amichetti mi potessero avvicinare.
A lui pensavo, quando ero a Fila.delfia city ed il pensiero mi risollevava lo spirito e il corpo.
Quando poi, dopo molti anni sono tornato in Italia, prima a Torino e quindi a Fano più volte mi sono lasciato prendere dalla nostalgia e mi recavo all'osteria del Marottese non per bere vino ma per immergermi in quell'aria sazia di fumo e di tabacco.
E persino il profumo che uso ora ha nel suo nome il tabacco:
Parfum de Paris avec le Tabach del Mor.
Nostalgia e ricordi che ancora mi prendono,mi conturbano e mi fanno pensare ai tempi che non tornano più.
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