Prendimi per mano e andiamo via lontano
camminiamo fino a quando non avremo più fiato
corriamo lungo i ripidi sentieri del monte
e poi nei verdi prati e poi nell'azzurro del mare
a non sentire più voci nè parole nè suoni umani
ma solo il silenzio dello spazio e del cielo
il cuore che batte forte è canto di vita
e il richiamo che risponde è una nota d'amore
il dolore è lacrima che non si asciuga mai
e allora noi non dovremo mai piangere
Corriamo lontano, camminiamo oltre le nostre forze
lasciamoci alle spalle invidie, cattiverie e rancori
questo piccolo e folle mondo di veleni e ruffiani
troveremo il sorriso e la voglia di vivere
sapremo volare sempre più in alto
e sotto i nostri piedi ci sarà solo il nulla.
Erano amici da una vita, tutti e cinque più o meno settantenni; avevano frequentato le stesse scuole, gli stessi ambienti, avevano fatto compagnia da ragazzi e poi da adulti e-sempre per uno strano caso del destino- si erano sposati a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro.Logico, quindi che si frequentassero con assiduità anche nel volgere degli anni e quando era arrivata o la pensione o il riposo per tutti, non avevano smesso di incontrarsi quasi tutte i giorni, soprattutto la sera, per fare una chiacchierata camminando lungo il corso o seduti al bar a prendere il caffè o una bibita. Si mantenevano fisicamente bene e quando parlavano del più e del meno per far trascorrere il tempo, guarda caso tutti accennavano ad attività sportive che praticavano assiduamente:" io faccio quindici, venti chilometri di marcia" diceva uno"; " io vado in bicicletta sino a Fossombrone a trovare mia figlia", l'altro faceva palestra e l'altro ancora ore di nuoto in piscina e via di questo passo. L'aspetto dei cinque, in verità confermava. I primi giorni di dicembre, alle soglie delle festività natalizie, era nata l'idea,per caso ma poi fermamente condivisa da tutti, di fare il cenone del 24 tutti insieme, senza mogli e senza parenti, per fare una bella rimpatriata di ricordi e di risate; a settant'anni se lo potevano anche permettere,avevano concordato. E così era stato. Uno di loro, che aveva fatto politica ed aveva ricoperto la carica di assessore, era riuscito a prenotare in un noto ristorante cittadino-mettendoci tutto il peso dei suoi trascorsi- addirittura una piccola saletta dove stare da soli. Cosa potevano sperare di meglio?E così la sera del 24 dicembre i cinque amici si erano ritrovati, tutti lindi,pulitini e stiratini, per il grande cenone. Puntuali, si erano incontrati nella saletta, dandosi pacche sulle spalle, risatine e strette di mano. Era giunta anche il momento delle ordinazioni: il cameriere si era presentato ed aveva chiesto ma i cinque, dopo qualche attimo di esitazione, si erano fatti lasciare la carta chiedendo di tornare dopo qualche minuto. " Cosa, prendiamo? Te Carlo cosa prendi? Te Aldo, te Francesco, te Guglielmo, te Mauro?" Le risposte erano state vaghe, esitanti, incerte, mentre nel frattempo sul tavolo, con mano esitante, qualcuno aveva cominciato a mettere, di fronte al proprio piatto, pasticchette e pillole di tutti i colori e di tutte le forme. " Sai...soffro un pò di prostata..."; io invece ho la pressione un pò alta,250!" " a me invece queste bustine servono per il colesterolo..non mi si vuole abbassare"; io...io..io invece... una sequela di malanni tutti inesorabilmente contraddistinti da medicine e porcherie varie. Tutti cinque! " Beh, comunque dobbiamo ordinare, sennò cosa siamo venuti a fare?" Prendono coraggio e fanno leggere a Carlo il menù. E non c'era un piatto che andasse bene: quello per il grasso, quello per sale, quello per le spezie, quello per la carne. E mentre leggevano qualcuno aveva già cominciato a mandar giù pillole e sciogliere bustine di non si sa bene cosa. Addirittura due di loro avevano la scatoletta che suonava e si apriva solo all'ora prestabilita. Una figata! Regalo di figli premurosi. E allora, che si mangia? Si erano fatti forza e dopo tanto parlare aveva ordinato una insalatona scondita con appena l'odore di tonno, spinaci al limone, un microscopico pesciolino bianco ai ferri e acqua minerale. Ma non si erano fatti mancare il dolce: mele cotte senza zucchero!!! Per digerire:orzo a volontà ...ma amaro. L'ultimo a finire di mangiare era stato Guglielmo, quello della prostata: si alzava e andava in bagno ogni dieci minuti. Ma allora come faceva ad andare per ore in bicicletta?Se lo erano chiesto gli amici di tavolo e avevano sorriso, guardandosi negli occhi. Quante piccole, innocenti bugie si erano detti per sembrare diversi. Alla fine , salutandosi,si erano abbracciati con calore e con trasporto. Settant'anni son sempre settant'anni, anche con qualche bugia.
Viaggio con un gran SUV, porto il blu doppiopetto
tirato ed abbronzato, sono un gran bel fighetto.
Son sempre profumato e tutto depilato
ed il mio corpo liscio fa invidia ad un neonato.
Ignoro la grammatica e molto l'italiano
ma tanto va di moda parlar l'americano.
Io dico sempre OK, location e iphone
quel tanto che mi basta per fare un figurone.
Vado a tutta birra e parlo al cellulare
che tanto son sicuro: ma chi mi può fermare?
Non conosco limiti nè curve nè segnali
non seguo la prudenza dei poveri mortali.
Nel SUV modernissimo ho tutto l'occorrente
per farmi una tirata quando non faccio niente.
Amiche ed amichetti raccolgo come un matto
cazzeggio con Facebook e con le gnocche chatto.
Una volta soltanto ho preso un' inzeppata
quando sotto le forme di una bionda platinata
non ho trovato languide morbidezze femminili
ma un solido travesti con doti sol maschili.
Non posso stare fermo, non riesco a ragionare
il mio cervello evapora e il capo a fumeggiare.
Noi siamo gli ultimissimi di questa generescion
e già facciamo troppo se troviamo la lochescion
per fare happy hour e qualche stuzzichino
e poi pulirmi i denti con un esile stecchino.
I miei vecchi non capiscono e brontolano spesso
e quattro volte al giorno mi dicon che son fesso
che spendo soldi a fiumi e sono un gran cazzone
ma che ci posso fare? E' l'unica ragione
perchè mi senta vivo e seguiti a campare
sennò sarei un bel nulla e non saprei che fare.
Adesso poi ho comprato un cane assai elegante
che va tanto di moda ed è cosi importante
non c'è fighetto al mondo che non ne abbia uno
e se tu non ce l'hai ...conti men di nessuno.
Che bella vita faccio: tra SUV, tablet e iphone
riesco senza sforzo a non sembrar coglione.
Ma io non me la prendo, siam tutti ormai alla pari
ciò che conta è l'apparenza ,pur senza aver denari.
Lo avevano sentito borbottare parole incomprensibili per tutta la sera, seduto lì, nel solito tavolo all'angolo, nell'osteria della Baffona, in fondo al Corso. Beveva un sorso e scuoteva la testa, masticando i lunghi baffi , gialli di fumo del sigaro toscano . Masticava amaro e neanche i suoi vecchi compagni, ottantenni come lui riuscivano a capirci qualcosa; ma che borbottava tra i denti, quella sera, e con chi ce l'aveva Vittorio? Scuoteva la testa ed i suoi bianchi capelli si muovevano come onde in tempesta. A tarda sera non era rimasto che lui nella fumosa e calda sala dell'osteria, con i muri segnati dal tempo e i tavoli in ferro battuto e marmo. La Baffona era stanca e non vedeva l'ora di andarsene e lo aveva fatto ben capire a Vittorio con parole e gesti tanto che lui , ad un certo punto, aveva finito di bere l'ultimo sorso,si era alzato appoggiandosi al bastone, aveva infilato il vecchio cappotto ed era uscito senza neanche salutare. Nel silenzio, poco prima che la porta si chiudesse dietro di lui, la Baffona aveva creduto si sentire Vittorio borbottare queste parole:" non è più Natale, non è più Natale come una volta". Era davvero freddo e lui cercava di camminare svelto, battendo forte il bastone sul selciato che faceva un rumore sordo e cupo e ripetendo a voce alta "non è più Natale come una volta".Era convinto di ciò che diceva ed in quel giorno di vigilia il pensiero lo angosciava. Era stato per oltre mezzo secolo sagrestano nella chiesa di Santa Lucia, la più bella del paese e per tutto quel tempo era stato lui ad annunciare a tutti, suonando le campane a stormo che Gesù era nato. La moglie, Zoraide, sapeva quanto lui ci tenesse ed aspettava sempre con ansia e trepidazione che Vittorio facesse bene e puntuale la sua parte, suonando al momento giusto e con il tocco giusto. Ma lei non aveva mai saputo che la felicità di quella notte di Natale che sentiva Vittorio era per un pensiero infantile e dolce nello stesso tempo: perchè era scesa la neve e perchè a casa lo aspettava il camino acceso con il ciocco ardente.
Lo aveva fatto per tanto tempo poi il parroco aveva deciso di usare un disco con inciso il suono delle campane di San Pietro e per Vittorio, oramai vecchio e stanco, era stato un duro colpo, seguito poco dopo dalla morte della moglie.
Non era distante la sua casa dall'osteria della Baffona e Vittorio non ci aveva messo tanto ad arrivare. Era davvero tardi!Tardi, troppo tardi...magari ci fosse stata Zoraide e il caminetto acceso e il ciocco ardente ed invece si doveva accontentare di una vecchia stufa a cherosene. Accese per scaldarsi, non aveva sonno, voleva stare ancora sveglio, magari fumando un sigaro, seduto vicino la finestra e guardare fuori. Si era seduto paziente, con il cappotto ancora indosso, tirando ogni tanto e sbuffando il fumo verso il vetro. La notte era buia e fuori non si vedeva quasi nulla se non un tenue chiarore proveniente da un fanale . " Non è più Natale come una volta", senza neve non è più Natale rimuginava stanco. Ma perchè, aveva pensato, non poteva accadere un miracolo? Magari qualche fiocco, tanto per tornare bambino.
Al suono delle campane di mezzanotte che segnavano la nascita di Gesù, Vittorio aveva già la testa bianca reclinata sul petto ed il sigaro per terra oramai spento.
Non lo avevano svegliato neanche il secco rumore di un vetro infranto, mandato in fratumi da alcuni ragazzacci che giocavano per strada . Le grida salivano forti e allegre" la neve! la neve! E' caduta la neve!". Una palla scagliata con forza aveva rotto il vetro della finestra, lì dove Vittorio aveva atteso il miracolo e un pò di fiocchi erano entrati posandosi sul suo viso, dolcemente come una carezza. Aveva fatto in tempo a vederla scendere in quell'ultima notte della sua vita?. Dal sorriso che gli segnava le labbra, certamente si.
Il disegno nella figura è di Pierluigi Piccinetti
E' un pò irriverente usare questo titolo " Viale del Tramonto" copiandolo da un famosissimo e bellissimo film degli anni 50 ma serve allo scopo. Nella pellicola il tramonto è quello di una affascinante attrice in là con gli anni e che non vuole arrendersi al ciclo mortale della vita, qui mi serve per essere più terra terra ma per parlare di un tramonto oramai vicino ( almeno secondo me) per alcuni amministratori pubblici che dovranno anch'essi-seppure contro le loro intenzioni ed i loro desideri-arrendersi alle vicende della vita ed anche e soprattutto alle disgrazie della politica.Certo è e sarà dura ed essi useranno unghie e denti per non mollare la presa ma gli sforzi saranno inutili perchè il tramonto-così come è stato per l'attrice del film-quando è nella storia non c'è modo di evitarlo, con una diffenza in particolare, che il personagio cinematografico aveva sulle spalle un bel pò di anni, mentre le nostre comparse sono ancora "giovani" e piene di ambizioni. Ma la strada , anzi il viale, è questo. Stefano Aguzzi, ad esempio, tra due anni, allo scadere del mandato, non potrà più ricandidarsi sindaco ( e questa è una bella cosa perchè dopo dieci anni, dicasi 10 anni non se ne può più) e per non perdere il treno e le buone abitudini, se vuol restare in pista dovrà optare per incarichi diversi, come ad esempio candidarsi in provincia presidente o assessore. Mirco Carloni, consigliere regionale del PdL ed alleato del sindaco operaio lo ha già proposto proprio in questi giorni. Ma per essere eletto Aguzzi dovrà prendere tantissimi voti e soprattutto far fuori i rivali del PD che ricoprono quella carica ( giunta di centro sinistra) dai tempi di Noè. Certo a Carloni parlare non costa nulla ma io credo che per Stefano sia impresa assai ardua se non impossibile. Ed allora, cosa farà il nostro amico? Si ritirerà in campagna come ha detto una volta? Speriamo.
E gli altri? A sostituire Aguzzi si propongono in tanti: tra i primi ad alzare il ditino è stato Santorelli( PdL) attuale assessore al turismo e alle feste allegre, poi la Cucuzza ( PdL), poi Severi ( lista civica la Tua Fano), poi Giancarlo D'Anna ( ex PdL e poi lista ribelli e affini) poi ci sono quelli del PD che sperano di tornare in sella alla poltrona: tra gli altri Renato Minardi ( assessore provinciale), Davide Rossi ( ass. prov.), Massimo Seri ( ass.prov.) e via di questo passo. Ma a guardare bene si capisce che sono sempre gli stessi che fanno il girotondo: da Fano a Pesaro, da Pesaro a Fano, tutti sul viale a passeggiare in attesa di... Ma, appunto, il viale per molti di loro sarà proprio quello del tramonto perchè nell'intero paese si sta verificando un cambiamento che inevitabilmente peserà anche sulle politichette locali. I partiti tradizionali si stanno sfaldando perdendo voti e identità, perdono figli e mogli e amici, si dividono in mille scheggie, ciò che era vero ieri non lo sarà più domani. I divetti che ci assillano e ci soffocano con le loro piccole cose fanesi ( che a loro paiono immense) dovranno fare i conti con la realtà. Ed il VIALE DEL TRAMONTO è vicino per tutti, o almeno, per molti.E allora nel frattempo facciano il pieno con le feste, le conferenze stampa, le riprese televisive, le apparizioni alle sfilate, le serate mondane a teatro ( di lusso), di belle arie cantate da Bocelli perchè...finirà la cuccagna, finirà: e chi si salverà da questa lunga passeggiata nelle buie strade della vita cittadina?