RICORDO di
DICEMBRE
Notte di Natale
Spesso non
riuscivo a capirlo, ma quando ci riuscivo era bellissimo vivere con uno così.
Mangiare,
dormirgli vicino, passeggiare; soprattutto passeggiare!
Oh, quant’era
bello andare in giro assieme!
Decideva
sempre lui dove andare, testardo come una capra! Sempre la stessa strada,
monotona come lo scorrere delle mie ore, quando rimanevo steso sul divano
aspettando che tornasse.
Ogni tanto
cambiava itinerario ed allora lo guardavo chiedendogli: “Che cosa ti è successo
stavolta?” e lui… … mi sorrideva? Non lo so, credo non sorridesse mai a
nessuno, a me bastava ascoltare il tono della voce per capire se era sereno.
Quando gli
girava storto non comprendevo se fosse arrabbiato con me o con il resto del
mondo e nemmeno riuscivo a capire la ragione dei suoi repentini cambiamenti di
orario, quando mi lasciava a lungo lì, da solo, come uno scemo.
La sua
stupidità non finiva di stupirmi se solo pensavo alla difficoltà che incontrava
nel comprendere che il mio posto era accanto a lui che mangiava, leggeva,
fumava o dormiva; tutte cose che faceva con me steso in terra, messo in un
posto da dove potevo controllare agevolmente se qualcuno entrava in casa. Lo
facevo in forza di un istinto appreso chissà quando; non mi costava fatica
alcuna, anzi: provavo un gran piacere nel proteggere quell’individuo lunatico
come tutti gli umani, o quasi tutti. Lo stesso istinto mi ripeteva ogni giorno
che dovevo amarlo, sempre, disinteressatamente e ad ogni costo. Lui era il mio
capo branco.
Ed io l’ho
amato, sempre, in ogni caso, ad ogni costo.
L’ho amato
per niente in cambio, proprio come Vali, un umano che ho conosciuto quassù.
E quassù mi è
stato detto che un cane, come io sono stato in terra, ama l’uomo come gli umani
vorrebbero amarsi tra loro; ma non riescono, perché sperano di essere riamati.
Noi, io, no.
Non mi sono
mai aspettato niente in cambio, nemmeno quella notte di dicembre piena di luci,
di colori e di odori nuovi, quando mi sono sentito male e, col fiato alla gola,
sono salito nella sua camera per dirgli
che me ne sarei andato senza di lui lungo un percorso tutto mio, e senza
quell’odioso guinzaglio al collo.
Mi ha
guardato senza comprendere, mentre, nell’ultimo istante concessomi, riuscivo ad
amare persino la sua innata, desolatamente umana, incapacità di capire l’amore.
Stupido d’un
uomo!
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