martedì 20 dicembre 2016

RICORDO DI DICEMBRE

RICORDO di DICEMBRE
Notte di Natale

Spesso non riuscivo a capirlo, ma quando ci riuscivo era bellissimo vivere con uno così.
Mangiare, dormirgli vicino, passeggiare; soprattutto passeggiare!
Oh, quant’era bello andare in giro assieme!
Decideva sempre lui dove andare, testardo come una capra! Sempre la stessa strada, monotona come lo scorrere delle mie ore, quando rimanevo steso sul divano aspettando che tornasse.
Ogni tanto cambiava itinerario ed allora lo guardavo chiedendogli: “Che cosa ti è successo stavolta?” e lui… … mi sorrideva? Non lo so, credo non sorridesse mai a nessuno, a me bastava ascoltare il tono della voce per capire se era sereno.
Quando gli girava storto non comprendevo se fosse arrabbiato con me o con il resto del mondo e nemmeno riuscivo a capire la ragione dei suoi repentini cambiamenti di orario, quando mi lasciava a lungo lì, da solo, come uno scemo.
La sua stupidità non finiva di stupirmi se solo pensavo alla difficoltà che incontrava nel comprendere che il mio posto era accanto a lui che mangiava, leggeva, fumava o dormiva; tutte cose che faceva con me steso in terra, messo in un posto da dove potevo controllare agevolmente se qualcuno entrava in casa. Lo facevo in forza di un istinto appreso chissà quando; non mi costava fatica alcuna, anzi: provavo un gran piacere nel proteggere quell’individuo lunatico come tutti gli umani, o quasi tutti. Lo stesso istinto mi ripeteva ogni giorno che dovevo amarlo, sempre, disinteressatamente e ad ogni costo. Lui era il mio capo branco.
Ed io l’ho amato, sempre, in ogni caso, ad ogni costo.
L’ho amato per niente in cambio, proprio come Vali, un umano che ho conosciuto quassù.
E quassù mi è stato detto che un cane, come io sono stato in terra, ama l’uomo come gli umani vorrebbero amarsi tra loro; ma non riescono, perché sperano di essere riamati.
Noi, io, no.
Non mi sono mai aspettato niente in cambio, nemmeno quella notte di dicembre piena di luci, di colori e di odori nuovi, quando mi sono sentito male e, col fiato alla gola, sono salito nella sua camera per dirgli  che me ne sarei andato senza di lui lungo un percorso tutto mio, e senza quell’odioso guinzaglio al collo.
Mi ha guardato senza comprendere, mentre, nell’ultimo istante concessomi, riuscivo ad amare persino la sua innata, desolatamente umana, incapacità di capire l’amore.
Stupido d’un uomo!





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