martedì 22 febbraio 2011

CIAO

Armando si era reso conto di essere rimasto solo all'improvviso,senza nessun legame apparente con i pensieri che aveva in testa. Solo, mentre stava camminando lentamente nelle strade del quartiere, per passare il tempo e respirare un pò d'aria. Solo, aveva ripetuto tra sè e sè, sentendo una stretta al cuore, nessuno più intorno a lui, nessuno più vicino a lui, in caso di bisogno. L'ultimo legame affettivo si era chiuso qualche settimana prima con la morte improvvisa di una lontana parente sulla quale aveva potuto sempre contare. Ora avrebbe dovuto cavarsela da solo, contando sulle sue forze e basta. Gli era venuto quasi da sorridere, ma amaro, a quella idea; contare sulle sue forze era come prendersi in giro. Da tempo Armando non aveva più interessi, non coltivava amicizie, si era fatto pigro e svogliato, accorciando le passeggiate verso il mare- che una volta gli piacevano tanto- riducendo le sue uscite da casa solo per lo stretto necessario. Ed anche dentro le mura amiche impigriva davanti il televisore, dimenticando letture  ed altri passatempi che invece gli avevano riempito la vita. Unico momento di distensione gli era rimasto sorbire il caffè, con molta calma, in un bar del centro, dove si recava puntualmente tutte le mattine, senza sgarrare, senza perdere una battuta. Un buon caffè, inverno o estate che fosse, bollente, sorso dopo sorso come aveva imparato tanti anni prima dal padre, che era un gran bongustaio.Un sorso e pausa, un sorso e pausa. Poi pagava e se andava, chiudendo quella breve parentesi, riprendendo la sua malinconia ed il suo passo lento verso casa. Era stata una mattina di tardo autunno che per Armando erano cambiate le cose, in meglio. Il bar dove era solito andare, per abitudine, aveva chiuso per ferie ed egli era stato costretto a cercare una alternativa e  dopo aver girovagato per lungo tempo,l'aveva trovata in un caffè poco distante dal centro. Accogliente senza essere di lusso, pulito, non troppo rumoroso, gente spesso di passaggio e pochi tavoli. Proviamo, si era detto ed era entrato. Dietro il bancone stavano due ragazze, sui trent'anni o poco meno; una biondina slavata ed insignificante con il sorriso sempre sulle labbra anche quando non ce n'era motivo e l'altra con i capelli nerissimi, corpo minuto, carnagione chiara ed al contrario dell'altra, poco propensa al sorriso. Ma ciò che di lei aveva profondamente colpito Armando  erano stati gli occhi. Grandi, luminosi, di un azzurro cupo simile a quello di un cielo in tempesta. Bellissimi. Era stato così che egli era tornato in quel caffè anche nei giorni seguenti, puntuale. E non poteva fare a meno di guardarla negli occhi, con discrezione quando ne aveva occasione. E cercava sempre lei per ordinare il caffè.  Poi un giorno, senza volerlo, mentre lei  gli poneva la tazzina di fronte, Armando le aveva sfiorato leggermente la mano. Un attimo. Si era sentito in colpa e per la prima volta aveva bevuto il caffè in fretta e se ne era andato. Nel giorno seguente era stato indeciso se tornarè lì o cambiare poi era tornato. Aveva ordinato il caffè e atteso, convinto che a servirlo, questa volta, sarebbe stata la biondina. Invece a porgergli la tazzina era stata ancora lei. E questa volta Armando, con un coraggio che non credeva di avere, le aveva sfiorato la mano intenzionalmente, lentamente.Lei non si era sottratta nè aveva evitato il contatto. E così andava avanti da giorni e quando lui, per qualche motivo, non faceva quella carezza era lei  ad aspettare con la tazzina in mano che lui si decidesse. Sembra poco ma tanto era bastato perchè Armando ritrovasse il sorriso ed ogni volta che usciva da quel caffè fischiettava allegro. E adesso si dicono anche ciao ogni volta che si vedono.

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