Facevano bambole, bambole di cartone, quel poco che ancora si trovava girando per il paese ed in periferia. Facevano bambole disegnandone prima con la matita la sagoma e poi ritagliando con le forbici; più o meno tutte uguali: braccia e gambe aperte, treccine in testa, collo lungo, gonnina a campana sino al ginocchio, scarpine appena accennate. Poi coloravano. Capelli o gialli o neri, due puffetti rosa nelle guance, un segno rosso per bocca, gonnina azzurra e scarpine nere. Era sempre bamboline, mai maschietti, forse perchè non erano capaci di disegnarli oppure l'abitudine era oramai così consolidata che non azzardavano la novità.
Quando ne avevano preparate un certo numero, spesso legato alla scarsità dei materiali, le esponevano su tre sgangherate sedie con il fondo di paglia, fuori della porta di casa, in un vicoletto stretto e poco illuminato, poco distante dalla piazza principale. La guerra era dura ed il paese aveva subìto bombardamenti ed uccisioni, lotte feroci in quell'ultimo squarcio di confitto; partigiani e fascisti, tedeschi e italiani: l'uno contro l'altro. Non c'erano più uomini: solo donne, vedove, anziane e giovanissime,e molti bimbi, nati poco prima del disastro. Ed erano proprio due sorelline di sei, sette anni, ad aver escogitato quel modesto commercio per raccogliere qualche centesimo o qualche tozzo di pane; qualche boccone dai compaesani che avevano pena di quelle due bimbette più magre delle loro bambole, rimaste sole dopo la morte dei genitori ed accudite da una vecchia zia, i centesimi- caso strano- dai soldati che transitavano in paese e che forse vedevano in quella commovente immagine il ricordo di figli, figlie, e nipoti lontani.
Erano felici le due sorelline quando riuscivano a raggranellare qualcosa e tiravano avanti, portando tutto a casa. I paesani ci avevano fatto l'abitudine a quel piccolo angolo di tranquillità e salutavano passando.
Un giorno, un giorno maledetto,era transitata per il paese una lunga colonna di militari con automezzi ed autocarri. Procedeva adagio e tutti i paesani si erano radunati sul ciglio della strada per vederla passare. Anche le bimbe erano andate e si erano portate le bamboline di cartone per mostrarle e forse con la speranza di guadagnare qualcosa. Erano piccole e per farsi vedere, piano piano, erano riuscite a raggiungere la prima fila; in mano le pupe di cartone che agitavano verso i militari gridando per attirare l'attenzione. Gridavano e ridevano agitando le bambole; poi, era stato un attimo. Forse sospinte dalle persone che stavano alle loro spalle, erano arrivate quasi al centro strada nel momento in cui arrivava un grosso autocarro. E non c'era stato nulla da fare per evitarle. Avevano ancora le pupe in mano quando le avevano portate via ormai senza vita. Erano stati in pochi ad accorgersi del dramma; un attimo e via, per andare a fare bambole in cielo.
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