martedì 10 aprile 2012

LA FESTA AL PONTE

Io la festa al Ponte me la ricordo come una grande scampagnata, fatta con le amiche e gli amici di scuola, per fare una bisboccia autorizzata dai genitori e dagli insegnanti e per divertirci  in mezzo a prati, alberi e fratte. Si partiva tutti in bicicletta, spesso in due sulla stessa due ruote perchè c'era sempre qualcuno che non l'aveva: noi ragazzi con la bici " da uomo" con canna  che era il posto per il " passeggero" e le ragazze che si davano il cambio a pedalare in piedi mentre l'altra stava seduta sul sellino. Merenda al sacco, con panini, frutta e bevande varie che non andavano oltre l'aranciata o le bibite " Tognella" ( prodotte a Fano, via Nolfi, in una fabbrichetta che ricordo bene perchè ci ho abitato vicino per un certo tempo), molta voglia di ridere e scherzare, borse con plaid, carte da gioco  e qualche volta anche con radio  di bachelite a batteria, molto utili e modernissime: E via giù a pedalare, tutti in gruppo, uno dietro l'altro, specie sulla nazionale che sembrava pericolosissima e piena di traffico, una processione senza fine perchè ad andare al Ponte eravamo in tanti, tantissimi. C'erano anche quelli che non faticavano perchè ce li portava "papà" in macchina e scendevano al punto giusto e poi alla sera ripartivano al punto giusto senza aver faticato minimamente. Ma in bicicletta era tutt'altra cosa. A ridere, a scherzare, a sorpassare e poi ad essere sorpassati.  Confesso che della festività religiosa io  e gli amici non ne sapevamo assolutamente nulla, assolutamente nulla. Andavamo a divertirci e basta. Si arrivava sudati ed un pò stanchi ma pronti a tirare per ore ed ore sino a che non sopraggiungeva il momento di rimettersi in moto e tornare a casa. Era bello sentirsi liberi e senza troppi controlli, anzi quasi nulla. La radiolina serviva con la sua musica, c'era qualche approccio con le ragazze, qualche spintarella in più e forse nasceva improvviso e breve anche qualche amoretto. Ma erano ore di grande divertimento e di svago. Si stava proprio bene. Il ritorno- e me lo ricordo bene- era assai diverso. Stanchi, sfiniti, non ce la facevamo più eppure bisognava darsi da fare per non arrivare tardi. Pedalare in due, al ritorno era veramente faticoso, con la strada leggermente in salita e dura e poi l'ultimo tratto, il peggiore, quello che va dalla curva della stazione alla caserma Paolini. Una salita che non finiva mai, spesso all'ultimo fatta a piedi.  E sapere che il giorno dopo si tornava a scuola era anche peggio. La caserma Paolini era il punto di saluto: chi andava da una parte, chi dall'altra, le strade si dividevano. I saluti con l'ultimo fiato rimasto e poi, con un pò di tristezza, verso casa.

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