Piccolo paese di collina verde tra i monti
dalle strade strette e contorte
unite da vicoli e da vecchie case e palazzi
colorato qua e là da improvvisi giardini
e minuscole piazzette con le fontane a ruota.
Il selciato sconnesso e terra bianca arsa di polvere
dove correre e giocare era fatica e rimproveri
delle mamme attente e premurose.
Era facile cadere farsi male e sanguinare
a volte piangere e correre alla fontana
per inondare d'acqua la ferita e poi legare
un fazzoletto striminzito e sporco sulla parte dolente.
Paese mio fatto di sogni e di speranze,
di asilo e di scuola, con il grembiulino nero
e un grande fiocco azzurro annodato al collo
il maestro severo ma non troppo, giovane
l'odore di inchiostro e di gesso,
la lavagna e il banco di legno pieno di macchie scure,
i quaderni sgualciti , il libro di lettura
le letterine, le vocali e le consonanti
da imparare a memoria, la carta d'Italia
appesa alla parete senza sapere cosa volesse dire.
Italia, diceva serio il maestro, Italia,
così grande così bella e i monti e i mari
ma noi conoscevamo solo Arcevia e i boschi intorno
e la fantasia oltre non volava.
Che bella fanciullezza e dolce giovinezza
ho trascorso tra quelle antiche mura
e il grande parco a farci compagnia
tra giochi e siepi, piante, fiori , fontane
a darci asilo quando da giovincelli
azzardavamo qualche passo imprudente
con le ragazze che ci erano amiche.
Sono andato via e siamo partiti per altro lido
a vivere e crescere non tra il verde dei monti
e docili colline ma in riva al mare azzurro
tra barche e sabbia e tramonti rosso fuoco.
Da tanto tempo ormai che non ricordo
ma Arcevia resta sempre nel mio cuore
e mi è rifugio e conforto, sempre amica
quando la vita mi offre malinconia e tristezza.
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