martedì 19 aprile 2011
I SOGNI E LE SPERANZE
Abitava a pochi passi e per questo, appena aveva qualche minuto libero, andava di corsa a giocare sul grande prato verde e fiorito che circondava l'antica rocca, così grande e maestosa da mettere timore e rispetto. Spesso era solo, qualche volta in compagnia di qualche amichetto di scuola che abitava nei paraggi. Era bello rincorrersi e rotolare sull'erba, senza farsi male, ed ancora più divertente era prendere a calci un vecchia palla di gomma o un barattolo o un pezzo di legno e combattere e spintonare per segnare il goal. Tornava a casa solo quando la madre, gridando ad alta voce dalla porta di casa, lo richiamava insistentemente e più volte, ma lo faceva contro voglia e solo la certezza di poter tornare di nuovo il giorno dopo lo tranquillizzava e lo faceva stare tranquillo. Quel verde prato era tutto il suo mondo, era il suo spazio di sogni e di speranze e non cercava altro. Se c'erano gli amici giocava , se era solo dava libertà ai suoi sogni. Si era ricavato un piccolo spazio tra un vecchio tronco d'albero ed una grande siepe i cui rami facevano ombrello e formavano una specie di piccolo rifugio dentro il quale giorno dopo giorno aveva portato foglie secche per coprire il fondo, fogli di carta, tre o quattro biglie di vetro, figurine colorate ed una monetina dal valore di pochi centesimi ma da lui considerata più di un tesoro. Come si sentiva bene lì dentro, e come galoppava la sua fantasia. E non era raro che tra i rami, sopra la sua testa, si fermassero uccellini a saltellare e gorgheggiare. C'era profumo d'erba, di fiori, un piccolo, grande universo per lui. Non chiedeva altro. E quanto aveva pianto e quanto si era disperato quando i genitori avevano deciso di cambiare casa e di andare a vivere in un nuovo e anonimo quartiere della periferia! Avrebbe preferito morire. Poi, naturalmente si era adattato. Ma sempre, sempre, con il passare degli anni, aveva ripensato a quel luogo, a quel prato, a quel rifugio foderato di sogni e di speranze.
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