Non era una scelta frequente( si preferiva andare al Metauro) ma la
gita a Montegiove qualche volta rientrava nella meta prescelta per la scampagnata con gli amici e qualche volta anche con le amiche. I mezzi per arrivarci non erano rapidi e comodi; ad essere fortunati si saliva sino alle porte del convento- salvo l'ultimissimo tratto di ingresso-a bordo di una affaticata lambretta o di una vespa altrettanto malandata, ma nella normalità si saliva a piedi facendo tutto il percorso di una strada lunga e polverosa, non dico faticando moltissimo ma ...faticando. Forse l'unica comodità concessa era che spesso ad accompagnarci sulla nazionale sino al bivio di Rosciano era qualche genitore in automobile, che ci scaricava con tutti i nostri "accessori" di merende, bibite ed altro. Poi via a piedi, prendendosela allegramente e comoda senza timore di fare tardi. Strada facendo non era raro fermarsi per qualche minuto all'ombra di un casolare dove le famiglie contadine ci accoglievano di solito sempre con molta gentilezza e generosità ( soprattutto nel mangereccio). Strada polverosa, dicevo e non frequentata perchè in verità, salvo il convento e le case rurali sparse qua e là, non c'era null'altro. Un sospiro di sollievo di tirava finalmente quando si arrivava all'ultima curva prima della dritta finale.Perchè, praticamente, avevamo raggiunto la meta. Si sceglieva il posto dove fermarsi , ci accampavamo per riposare, per distenderci e naturalmente per mangiare. Era un divertimento perchè tra amici non è difficile trovare argomenti per ridere, per scherzare e per passare il tempo. Il convento non mi ha mai fatto una grande impressione, chiuso dietro le mura e dietro il grande portone; per quel che ricordo quasi mai abbiamo suonato e abbiamo chiesto di entrare. Ma ho memoria di come era( ed è)perchè comunque ci sono state occasioni in cui ho avuto modo di superare la soglia. Le celle, l'edificio,gli orti, quattro chiacchiere con i frati che erano vestiti di bianco secondo il saio dell'Ordine. Qualcuno di loro veniva anche qualche volta in città a Fano, per fare commissioni e compere e si facevano notare per quel biancore dell'abito religioso. Quel che ricordo bene, invece, è che ad un certo punto fu possibile acquistare all'Eremo certi ottimi liquori prodotti dai frati della casa madre di Camaldoli. Mi sfuggono ora i nomi( forse uno era Aurum 48) ma avevano tutti un certo fascino. Quando eravamo stanchi e si faceva sera, tornavamo verso " la pianura" con molta più facilità perchè la strada era tutta in discesa. Non c'erano i cellulari e se perdevamo l'appuntamento con i genitori in attesa sulla statale... altra strada a piedi sino alle porte della città. Andava di lusso, invece, quando c'erano le due ruote motorizzate. Come dicevo: l'Eremo non era una meta frequente ma ci poteva stare.
Nella foto: una immagine del Convento di Montegiove di molti anni fa. Il fraticello aveva i suoi compiti da svolgere nell'orto.
Nessun commento:
Posta un commento