giovedì 29 novembre 2012

MO VIENE NATALE...NUN TENGO DENARE...

Che tristezza, che malinconia camminare per le strade del centro quasi semivuote, con la gente che procede in fretta e passa senza guardarsi intorno; i negozi vuoti dietro le vetrine illuminatissime e le commesse( se ci sono ma spesso a gestire sono solo i proprietari) con le braccia conserte, mute, piazzate dietro la cassa o a riordinare la merce per la decima volta, cambiando qualcosa in vetrina tanto per ammazzare il tempo. Da qualche parte, nelle lunghe e vuote giornate senza clienti, al computer si gioca persino a burraco o si naviga sul Facebook. Tempi bui, tempi di crisi, si svende più che si vende, l'importante è racimolare soldi per pagare i contributi, gli affitti, i fornitori, i dipendenti. E il Natale che arriva? 
Purtroppo, credo non riserverà sorprese e lo sanno tanto bene i negozianti che hanno tirato la cinghia anche negli addobbi e nelle luminarie." Il minimo, vogliamo il minimo" hanno ripetuto più volte a se stessi ed alle Associazioni di categoria e stanno attenti anche a non spendere un euro in più. 
Non so se è stata una coincidenza ma due settimane fa, quindi più o meno a metà novembre, in una buia serata di pioggerellina insistente e fastidiosa, verso le ore 18/ 18,30, mentre camminavo lungo Corso Matteotti, ho sentito distintamente il suono di una cornamusa. Lì per lì ho pensato di avere le visioni, di sognare ad occhi aperti,  mi aspettavo di veder passare il sindaco Agussi vestito tutto di bianco e con le ali che guidava un branchetto di pecorelle tutte con i visi degli assessori ma poi ho capito che era proprio una nuda e cruda realtà, anche perchè lo zampognaro mi veniva incontro a passo veloce per ripararsi sotto le colonne del Gabuccini.
Che miseria!!! Che delusione...
Sono in crisi persino i simboli storici del Natale: uno solo, poveretto e sfigato, a suonare 50 giorni prima di Natale, aspettando oboli che nessuno avrebbe potuto dargli e nessuno infatti gli ha dato. Ma come siamo ridotti?
Mo' vene Natale... nun tengo denare...diceva una vecchia canzone di qualche decennio fa: beh! cosa è cambiato da allora?Niente, salvo qualche impiccio in più che  ci tiriamo dietro e di cui non siamo più capaci di fare a meno.
Racconto anche questa.
Lui è certamente un figo, molto ben vestito,alto sul metro e ottanta, metro e novanta, elegante, sui 35/ 40 anni, borsa di cuoio antico, lo incontro spesso in città; immagino sia o un dirigente bancario o un manager di qualche bella impresa.Cammina sempre con un cellulare  in mano e l'auricolare attaccato e parla e parla e ascolta, con lo sguardo perennemente puntati sull'apparecchio, quasi a volerselo mangiare con gli occhi. Sta di fatto che l'altro ieri, procedeva lungo via Arco d'Augusto a venti, trenta metri da me, naturalmente attaccato al cellulare, testa bassa. E'  tempo di luminarie e sul lato destro della strada c'era un furgoncino con gli operai che stavano montando i festoni con le lampade. Il figo procede passandogli accanto ma non si accorge che dal  cassone posteriore del mezzo sporge una  parte di una scala  metallica sulla quale va a capocciare con forza. Io ci sarei rimasto! Lui, invece, dopo un attimo di sbandamento e qualche passo da ubriaco ha ripreso tranquillamente la marcia senza staccarsi un attimo dal cellulare. 
Siamo proprio diventati degli zombi senza speranza.

Nessun commento:

Posta un commento